giovedì 24 luglio 2008

L' Uomo invisibile

L’ altro giorno stavo guardando una puntata di Heroes, un telefilm americano, dichiaratamente ispirato ai fumetti di supereroi, in cui alcuni individui si accorgono loro malgrado di avere alcune particolari capacità sovrumane.

Alla fine della puntata compare un nuovo personaggio, che ha il dono dell’ invisibilità.

Fin dal romanzo di H.G. Wells, la figura dell’ uomo invisibile è stata utilizzata in molte opere di fantasia più o meno realistiche.
Come credo tutti i lettori di fumetti di supereroi, anche a me è successo di pensare a come sarebbe poter diventare invisibile.
Benché la cosa abbia indubbiamente dei vantaggi (poter entrare nello spogliatoio femminile senza essere visto ad esempio), gestire l’ invisibilità, anche in un’opera di fantasia comporta delle difficoltà non indifferenti, anche se non immediatamente evidenti, se si vuole mantenere un minimo di realismo.

Innanzitutto bisogna capire cosa vuol dire essere invisibili: il personaggio è invisibile per delle caratteristiche proprie o semplicemente non può essere visto dagli altri? E in questo caso, come mai?

In Dylan Dog, ad esempio, questa possibilità è stata utilizzata ed estremizzata più volte: i reietti, i “rifiuti” della società vengono esclusi ed ignorati a un punto tale da diventare realmente invisibili.




Questa possibilità dà molti meno problemi di gestione, ma anche molti meno spunti narrativi (se un barbone entrasse nello spogliatoio femminile di cui sopra, realisticamente verrebbe visto!).

Ipotizziamo, invece, che il personaggio abbia delle caratteristiche fisiche particolari per cui le altre persone non sono fisicamente in grado di vederlo. Se si volesse cercare una motivazione scientifica per quanto fantastica, bisognerebbe coinvolgere le teorie dell’ ottica e della fisica. Probabilmente avremmo un corpo che non riflette la luce (di conseguenza non viene rilevato da occhi esterni), ma ne viene attraversato. Se fosse così il nostro eroe probabilmente sarebbe cieco, in quanto i suoi occhi non rifletterebbero la luce.

Lasciando perdere però le giustificazioni fisiche che potrebbero essere confutate in poco tempo (la luce in realtà viene riflessa in modo particolare su lunghezze d’ onda non rilevabili), ci sono altri aspetti da considerare:
il nostro uomo invisibile è visibile a se stesso? Riesce a vedere le proprie mani?
Spesso si è vista l’ immagine dell’ uomo invisibile allo specchio che non vede la propria immagine, ma quindi qualsiasi parte del suo corpo dovrebbe essere invisibile anche a se stesso. Se poi tutto il suo corpo è invisibile, lo sono anche le sue viscere? Se si taglia, il suo sangue è invisibile o lo è solo la pelle? Se fossero invisibili anche i suoi organi interni, dovrebbe davvero sperare di stare sempre bene e di non ferirsi mai, altrimenti nessun medico riuscirebbe a curarlo; e in questo caso, sarebbe rilevabile alle radiografie e alle ecografie?

Inoltre, l’ uomo invisibile rende non visibile anche ciò con cui entra in contatto? In caso contrario dovrebbe girare nudo per non essere visto (infatti H.G. Wells faceva bendare il viso al suo personaggio). Inoltre tutto ciò che afferrerebbe, agli occhi esterni sembrerebbe levitare nell’ aria.

Ci sarebbe poi da capire se invisibile vuol dire trasparente. In caso contrario avremmo degli spazi non visibili, dei buchi di nulla non spiegabili, ma che verrebbero sicuramente notati.

Infine, è necessario decidere se il nostro personaggio può diventare invisibile a piacimento o se la sua è una condizione permanente. Questo secondo caso comporterebbe delle conseguenze devastanti.

Io vedo l’ uomo perennemente invisibile come un uomo destinato all’ annientamento, o almeno alla disperazione o all’ eremitaggio. Forse oggi riuscirebbe a sopravvivere grazie a internet e alla spesa per corrispondenza. Potrebbe virtualmente comprare qualsiasi cosa senza entrare in contatto con nessuno (cosa impossibile 10 anni fa) e sarebbe un ladro quasi imprendibile, quindi con la possibilità di avere praticamente qualsiasi cosa (escludendo le implicazioni morali).; ma sarebbe un uomo solo, un uomo privato di ogni contatto umano, destinato alla solitudine. E’ difficile per tutti noi anche solo ammettere l’ esistenza di ciò che non vediamo, figuriamoci provare dei sentimenti!




Ho cominciato a ragionare su tutto questo da quando ho trovato questa pietra. Sono passati alcuni giorni e ormai non vedo più le mie mani e le mie braccia, ma ancora riesco a scrivere; vedo, o meglio, non vedo, i tasti che tocco. Non so fino a quando riuscirete a vedere qualcosa di me.
Chiudete gli occhi e potrete sentirmi.
NON guardatevi alle spalle: io sarò lì.

martedì 22 luglio 2008

Che ore sono?


Ultimamente latito un po’ sul blog, purtroppo il tempo sembra sempre meno.
Oggi sono arrivato con un minuto di ritardo al lavoro; ogni tanto succede.
Un minuto.
60 secondi che qualcuno conteggerà, monetizzerà e mi addebiterà in busta paga.
60 secondi.
A pensarci pare incredibile il valore e il peso che in questo caso viene dato a una manciata di secondi.
C’è una persona (o più probabilmente un sistema creato apposta) a cui non importerà nulla di come ho lavorato negli altri 27420 secondi della giornata; la cosa importante sarà che non ho trascorso quei 60 secondi sul posto di lavoro.

Più ci penso e più mi sembra un paradosso… e non solo il mio caso, molto banale e comune; se ci si pensa un attimo, nella nostra società il tempo e la misurazione del tempo hanno spesso un’ importanza fondamentale.
Facendo un gioco di pura astrazione, come ogni tanto mi diverto a fare, ho provato a pensare a come sarebbe la nostra società senza alcun sistema che misuri il tempo.
Praticamente la tecnologia verrebbe annullata o completamente ridefinita; il modo stesso di parlare dovrebbe subire delle modifiche: le parole “minuto”, “secondo”, non avrebbero più senso.
Tutta la nostra vita verrebbe stravolta, il modo di approcciarsi alle cose, di affrontare ogni avvenimento.

Tempo fa ho letto “Una giornata nell’ antica Roma” di Alberto Angela, un bel libro in cui veniva descritta una giornata tipo di un cittadino romano all’ epoca dell’ Imperatore Traiano.


Tra le tante curiosità e gli aspetti interessanti, ricordo che mi aveva fatto riflettere il fatto che all’ epoca dei Romani, ovviamente, non c’erano strumenti molto efficaci per la misurazione del tempo; il giorno era scandito dal movimento del sole, tanto che gli orari cambiavano a seconda delle stagioni.
Il darsi un appuntamento nell’ antica Roma prevedeva un’ inevitabile approssimazione e un sicuro ritardo. Che differenza con oggi in cui dopo 5 minuti di attesa (quando va bene) parte l’ immancabile telefonata “Ciao, dove sei?”.

Non saprei dire se oggi sia meglio o peggio, come per quasi ogni cosa posso trovare aspetti positivi e negativi.
Quello che rilevo però è una ulteriore contraddizione: mi sembra che attribuendo un valore enorme al singolo minuto, in realtà sminuiamo il valore del tempo; un po’ come se fossimo più interessati al minuto che passa, invece di preoccuparci di come lo trascorriamo, come se fosse più interessante misurare il tempo anziché viverlo. Mi accorgo spesso che appena inizio qualcosa, già controllo quanto tempo ho per farla, e quanto mi manca e se ce la farò prima di dover smettere, ecc…
Il rischio è di non gustarsi quello che sto facendo. Forse dovrei fare meno, ma con più calma e attribuire molta meno importanza a tante cose.

Comincio a pensare che il tempo a mia disposizione sia troppo importante: forse dovrei trascorrerne un po’ a sprecarlo!



lunedì 7 luglio 2008

Senza Titolo

Sono qui alla tastiera, con Leonardo in braccio che impazzisce quando vede un mouse e tanti tastini da schiacciare.
Sto cercando di raccogliere le idee per aggiornare il blog ma non è facile quando hai un bimbo da domare sulle ginoccnjòlkjgfòhlkfjghpodilkfgdgbv

Fermo Leo, che papà deve fare una colkjnvlkxcjn m,
zx
zc

Dai che faccio in fretta, guarda qui che bello il tappetinnokòlknmlkb,v ,_: kl ._

À ò ùà

Fermo, ho dettsvklhjzvckn _ - - _ __ -_ __
_:

- . .-
Ljhnklj

DAI!!
jknbk +


Vabbhè ho capito, spengo!!